MASSIMILIANO I E IL FASCINO DEL POTERE.

a cura della dott.ssa Marina Bressan
con introduzione della Presidente Rossella Fabiani

 

 

Anche Gorizia, come tantissime altre località austriache, tedesche, italiane e persino americane, non poteva tralasciare di “rileggere” Massimiliano I, il primo Asburgo della Contea di Gorizia, in particolare nella sua funzione di sovrano colto, aperto alle idee dell’Umanesimo, alle scienze e all’arte del suo tempo.
Proiettato nella nuova era, caratterizzata dalle nuove scoperte geografiche, Massimiliano si era lasciato alle spalle l’angusto e ancora medioevale castello di Wiener Neustadt, dove era nato il 22 marzo 1459, per affermarsi come sovrano moderno in contatti internazionali tra Oriente e Occidente.
Educato secondo i tradizionali principi che convenivano ad un figlio di imperatore, alla lettura, scrittura, al latino, al combattimento e alla caccia, il giovane Asburgo subiva a Treviri il fascino della magnificenza da parte di Carlo il Temerario, duca di Borgogna, ostentata negli arredi come nell’esercito e nella stessa concezione di essere cavalieri attraverso la sua persona. Un duca osava oscurare il potere dell’imperatore. Per Massimiliano iniziò il tempo del riscatto.  Nella Borgogna, nel felicissimo matrimonio con Maria, il giovane Asburgo trovò la conferma che i piani politici in dimensione europea si giocavano con il fascino del potere. Potere e ricchezza divennero le basi della sua sovranità.
Dal matrimonio con Bianca Maria il Re dei Romani ne ricavò ricchezza, ma non amore. La ricca dote gli servì per finanziare le sue campagne e per affermare la sua autorità sulla storica nemica, la Francia. Confinò la moglie a Innsbruck, rendendo quasi vano il suo ruolo di mediatrice fra la già raffinata cultura italiana e l’Oltralpe.
Lungimirante nella sua politica volse lo sguardo a Paesi più lontani: il doppio matrimonio dei figli Filippo il Bello e Margarete con i rampolli spagnoli, avrebbe assicurato al nipote Carlo il dominio sulla Spagna e sulle nuove terre appena conquistate.  Costantemente informato sulle conquiste d’Oltremare, Massimiliano era consapevole che le innovazioni nella cartografia diventavano indispensabile strumento per governare, specialmente in Oriente, dove il più grande pericolo era rappresentato dai Turchi.
Il pensiero di una crociata, il desiderio di essere incoronato dal Papa a Roma si impadronì dell’Asburgo. Dall’Oriente, in particolare da Bisanzio una lingua a molti sconosciuta, il greco, approdò in Italia, dove fu ben accolta; nei territori germanici il processo si rivelò più lento, ma il fine fu assicurato attraverso la creazione di una cattedra di greco all’Università, l’abbandono della tradizione scolastica per abbracciare quella umanistica e la fondazione del Collegium poetarum et mathematicorum, il gruppo di umanisti che operava fuori delle aule universitarie.  Furono proprio questi eruditi a trasmettere ai posteri l’immagine di Massimiliano come sovrano umanista, furono loro, forse in una sorta di piaggeria, a esagerare le azioni del novello Enea e del novello Ercole nell’epica del tempo. Ma ciò alla fine corrispondeva alle stesse intenzioni dell’imperatore, che sapientemente sfruttò tutti mezzi a disposizione per eternare la sua “memoria”. Nel Weisskunig, scritto fra il 1505 e il 1516, Massimiliano ripercorse il tempo della sua infanzia e giovinezza, trasfigurandolo. Il ragazzo svogliato e incostante, ostacolato da disturbi di linguaggio, poco più che istruito, si trasformò nel giovane Re Bianco, la cui perfezione e poliedricità di saperi superava addirittura quella dei suoi maestri. Nel Theuerdank Massimiliano trasferì le sue abilità e valori di cavaliere, nel Corteo trionfale eternò l’imperatore che affermava la sua moderna arte di governare, la sua sovranità, legittimata dagli avi e confermata dalle sue azioni militari.
Sapiente manager di se stesso, Massimiliano lasciò ai contemporanei monumenti simbolici e opere di autoglorificazione, perché sapeva benissimo che “il denaro speso per la memoria postuma non era speso invano”.